giovedì 22 gennaio 2009

Gli arcobaleni d'altri mondi hanno colori che non so

Con questo post chiudo, una ventina di giorni in ritardo, un anno che mi ha visto meno presente di quanto avrei desiderato.
L'ultima mia traccia in questi luoghi cibernetici vi informava su quali fossero i migliori album usciti nel corso del 2008 secondo il sottoscritto.

Il lavoro degli Have a Nice Life è fuor di classifica.
"Deathconsciousness" è un concept-album incentrato sulla morte. Subito mi viene in mente "Tutti Morimmo A Stento", ma in proposito non occorre aggiungere altro.

Come si infrange un tabù oggi: Con un booklet alla Devendra Banhart o con un disco che ruota attorno al tema della morte?
Ecco il vero tabù dei nostri tempi ed unica certezza nel futuro di ognuno.
Nella nostra società è stata scomunicata. Interdetta. Proibita. Dichiarata (questa sì ndr) pornografica. Non la si nomina, nemmeno nei necrologi. Perché non sta nel quadro della società del benessere, che ha proclamato il diritto alla felicità. Ma che felicità ci può essere se alla fine si muore lo stesso? (M. Fini).

Eppure Tim Macuga e Dan Barret affrontano tutto questo premettendo l'arte alle vendite, opponendosi a questa rimozione culturalmente forzata e facendone un disco (fisicamente introvabile).
Cinque anni di lavoro per descrivere ciò che descrivibile non è, per riuscire a trasmettere le emozioni dell'atto finale, l'inazione, persino la pornografica accettazione.

Ne risultano atmosfere da Joy Division o, se preferite, My Bloody Valentine, non sta qui il punto.
Il progetto degli Have a Nice Life conduce nell'impossibile psicologia: angoscia, inquietudine, inevitabile sofferenza. Perchè, pur essendo strutturato in due capitoli, dalle atmosferee più eteree il primo:
"The Plow That Broke The Plains", frenetico, con tratti post-punk: "The Future", il secondo, queste sensazioni non ti abbandonano mai per tutti gli 85 minuti di Deathconsciousness.

Eterno. Per quanto possibile.

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